"Barchetti innamorati"
Le favole d'amore, come si sa, fra tutte le fiabe, i racconti e le storie vere, sono quelle più incredibili, proprio perché hanno l'amore come tema conduttore. L'amore che si racconta e che racconta, l'amore che non ha regole, ne vincoli, che non ha canoni ne parametri, l'amore per le persone e fra le persone e il non meno decantato, declamato e praticato, amore per gli animali e per le cose, ma anche e paradossalmente, il meno conosciuto e inverosimile amore che nasce fra le cose, quella fatale attrazione che unisce irreversibilmente gli oggetti, come l'incredibile amore nato fra Remo e Prua, i due Barchetti che ogni notte sono, una accanto accanto all'altro, sotto la prima arcata, di qua d'Arno, di Ponte Vecchio a Firenze. La loro è davvero una storia incredibile che nasce in uno dei più antichi laboratori di falegnameria della Città di Dante, dove venivano costruite le barche destinate a navigare sull'Arno. Non era mai capitato, ma quell'anno successe qualcosa di particolare, non si sa perché e non si sa per come, ma Lapo, il piu' esperto fra i costruttori di imbarcazione per i renaioli dell'Arno, volle metter mano alla costruzione di due barche contemporaneamente, cosa abbastanza inconsueta per lui abituato a realizzarne sempre e sola una alla volta. Il suo era qualcosa di più di lavoro, era una vera e propria Arte, che aveva ereditato dal suo papa', dal Babbo, come dicono a Firenze, una passione che lo portava a curare ogni piccolo particolare delle sue realizzazioni, il fatto che quelle fossero barche da lavoro, non gli impediva di dare sempre, oltre alla funzionalità, anche un tocco di curata estetica, in fondo, come amava dire Lapo, erano sempre imbarcazioni che avrebbero navigato nell'Arno, il fiume di Firenze, giustamente definita, la Città d'Arte per antonomasia. Per prassi, per consuetudine, per logica, i nomi alle imbarcazioni venivano dati dagli acquirenti, che in quel nome rappresentativo, volevano sintetizzare tutti i desideri, le aspettative, le speranze, per una vita migliore, ma dare un nome alla propria barca era anche un modo per renderla più di una cosa, era un modo per sentirla più vicina, non un semplice mezzo per lavorare, ma una compagna con cui collaborare, un supporto necessario, una presenza indispensabile da curare, amare e rispettare. Questa è una delle motivazioni per cui, soprattutto le barche da lavoro, dei pescatori, dei renaioli, dei traghettatori, hanno spesso nomi femminili. Lapo, interrompendo quella consuetudine, anche perché nessuno gliele aveva commissionate, volle dare un nome a entrambe le imbarcazioni, immaginando che avendole costruite insieme, insieme, come una vera coppia, sarebbero poi rimaste nel tempo, così chiamo' una Remo e l'altra Prua, perché, come spesso Lapo amava dire, se il remo è la forza che spinge la barca, è la prua quella che fende l'acqua. Sarà perché erano sempre insieme, sarà perché prendevano forma contemporaneamente e sarà per l'imponderabilita' che da sempre e comunque guida l'amore, Remo e Prua si innamorarono fin da subito, vedendo divenire giorno dopo giorno, il loro legame sempre più forte, avvertendo entrambi sempre più l'irrefrenabile desiderio di voler restare per sempre insieme, sperando che mai niente e nessuno potesse separarli, fu da questo forte desiderio, da questa grande speranza, da questo incontenibile bisogno, che Remo fece solenne promessa alla sua Prua che un giorno l'avrebbe portata a vivere sull'Arno, il fiume piu' bello del mondo, il fiume circondato dal fascino e dalla bellezza e dall'Arte e come casa le promise, non un rimessaggio qualsiasi, ma un ponte, il più bello e prestigioso fra tutti i ponti, Ponte Vecchio e cosi fu, Remo e Prua, ancora oggi, dopo tanti anni, sono sempre insieme, di giorno, non trasportano piu sabbia raccolta dai renaioli, ma entusiasti turisti che affascinati ammirano dal suo fiume le straordinarie meraviglie Fiorentine, di notte, tutte le notti, invece riposano insieme, uno accanto all'altra, lasciandosi piacevolmente cullare dalle dolci onde dell'Arno, più innamorati che mai.
Riccardo Rescio

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