Il faro di Punta Trak
Questo è il racconto in prima persona di un marinaio di terra, atipico e anticonvenzionale, che pur non navigando per mare, tocca tanti porti.
Il grande faro di Punta
Trak, così alto, imponente e con in cima, proprio sotto la sua lanterna, la
stretta terrazza circolare, tutta delimitata da una robusta ringhiera di ferro,
è il mio riferimento giornaliero, sulla
strada che mi porta al lavoro, mi capita spesso di vederlo nelle fredde e umide
mattine invernali, quando ancora il buio predomina e le prime luci dell’alba
stentano non poco a farsi strada, molto spesso è quasi del tutto immerso nella nebbia, talmente fitta da non
lasciar scorgere niente e nessuno alla sua base, dandomi così l’impressione che quella sua luce rotante sia sospesa nel cielo.
Il faro si lascia
comunque scorgere facendo capolino fra le basse nuvole cariche di pioggia, sono
le sue tre larghe fasce rosse orizzontali che si alternano al bianco, proprio
in alto, a renderlo visibile e inconfondibile anche senza luce.
Punta Trak è una grande
area alla periferia nord est della città, il faro che ne prende il nome è nella
sua parte più estrema.
Una zona con tanti vecchi
edifici, grandi capannoni, magazzini di stoccaggio, motrici di treni che
spingono o trainano decine di carrozze merci, container, cisterne e un’infinità
di enormi camion, sempre in arrivo o in partenza per le strade d’Europa, che
caricano e scaricano senza pausa, pallet e merci di ogni genere.
C’è la dogana, la
stazione degli autobus, un moderno centro commerciale ed un continuo brulicare
di gente che viene e che va.
Ci sono vecchie
costruzioni in disuso e nuovi stabili con tanti uffici, un insieme eterogeneo
in cui degrado e sofisticate tecnologie creano forti contrasti che, in
disarmonica continuità tra loro contribuiscono a creare quel tipico sapore, che
identifica e contraddistingue, ma soprattutto accomuna tutte le vaste zone
periferiche delle città destinate a grandi movimenti di genti e di merci.
Io lavoro nella zona del
faro, tutti i giorni le mie narici avvertono fortemente quel suo inconfondibile
acre profumo, sul mio viso e non solo su quello sento continuamente arrivare
gli spruzzi d’acqua, la mia pelle è abbronzata come quella di un marinaio,
perché proprio come un vero marinaio con la mia lancia, con qualunque tempo,
sono sempre in mezzo all’acqua.
Ma Punta Trak non è come
Punta Penna in Abruzzo o Punta Secca in Sicilia, non è un caratteristico lembo
di terra che si spinge nel nostro bel mare mediterraneo, ma una piatta area, di
Olomouc città al centro d’Europa, il cui vero nome è quello di area Csad, in
questa area non ci sono né scogli né mare, né tanto meno navi o rimorchiatori.
Il grande faro di Punta
Trak altri non è che una enorme ciminiera che vedo dal piazzale dove vengono a
farsi lavare camion, autobus e quanto altro viaggi su ruote.
Questo improbabile porto
senza banchine, senza transatlantici né passeggeri transoceanici non è che il
lavaggio per automezzi pesanti dove lavoro.
Il forte profumo che
avverto non è certamente il meraviglioso profumo di mare, ma è quell'insieme di fatto di gas di scarico dei
motori, di fumo delle motrici dei treni, di legno delle traverse dei binari
intrise di catrame, di carbone e gli schizzi d’acqua che mi bagnano, non solo
il viso, spesso anche tutto il resto,
non sono quelli delle onde che si
infrangono sugli scogli, ma il getto d’acqua riciclata e maleodorante che
fuoriuscendo a forte pressione dalla mia lancia, che non è la veloce
imbarcazione che fa la spola tra le navi e la banchina del porto, ma l’attrezzo
che spruzza con forza l’acqua che si infrange sulle ruote o sui teloni dei
grandi automezzi.
Sono gli autisti, i loro
camion e le rispettive merci, gli unici a partire e tornare in questo porto
senza mare.
Per noi che siamo qui, ma
soprattutto per me, la stanzialità in questo luogo, con un lavoro sempre uguale
fatto dagli stessi movimenti, dalle stesse operazioni che si susseguono
quotidianamente con una ripetitività e una ovvietà sconcertante, è molto
pesante da accettare, molto duro, faticoso e stancante da fare.
Mentre sono qui che lavo
e rilavo decine di camion, autobus, cisterne, immagino che la ciminiera sia un
faro ed io un viaggiatore di mare che torna da un lungo viaggio pieno di
avventure ed esperienze fantastiche, come peraltro fantastica è la mia vita.
Tornare nei luoghi natii,
tornare a casa, tornare dove c’è chi ti aspetta è sicuramente il desiderio più
grande per un viaggiatore, ma ancor più affascinante per un esploratore di
professione come me è il partire, il ripartire per un nuovo viaggio, una nuova
avventura, una nuova impresa che appaghi totalmente la mia voglia di nuovo, il mio desiderio di
scoprire cose sconosciute e percorrere
nuove strade, fantasticare, progettare un futuro fatto di spazi dove la
mia mente possa, senza limiti, liberare i suoi pensieri.
Nel
frattempo resto qui nel piazzale del lavaggio, mentre le luci artificiali
soppiantano lentamente la luce del giorno, io continuo a lavare tutto quello
che c’è da lavare e guardo il mio faro e immagino di ripartire presto per uno
dei miei viaggi che mi porterà lontano verso una nuova destinazione e mi farà
vivere nuove esperienze, nuove avventure, nuove emozioni.2011
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