Pino il falegname

Ph riccardo rescio


Si sussurra, si dice, si racconta, una storia molto bella, ma se sia vera non si sa, di certo solo c’è, che è giunta fino a me. 
Pare che, tanto, ma tanto tempo fa, in un paese lontano, lontano e molto diverso dal nostro, vivesse un uomo alto, magro e muscoloso che di lavoro faceva il falegname.
Nonostante l’apparenza, data dal suo fisico possente, il nostro falegname era un uomo mite, tranquillo e anche molto generoso, tutti lo chiamavano Pino, come gli alberi di pino, forse proprio per il lavoro che faceva, anche se in realtà  quello non era il suo vero nome.
Pino poteva avere circa una trentina d’anni, ma ne dimostrava certamente molti meno ed era anche un gran lavoratore, infatti passava tutti i suoi giorni, dal sorgere del sole fino al tramonto, nel suo laboratorio di falegnameria.
Pino era talmente appassionato al suo lavoro che il tempo gli scorreva via velocemente, così velocemente che spesso gli capitava addirittura di non sapere in quale giorno della settimana mai fosse.
La sua più grande soddisfazione, oltre alla gioia quotidiana che provava nel lavorare, era quella di vedere finito il mobile, la porta o qualsiasi altra cosa gli avessero commissionato.
In quei momenti, in cui ammirava il lavoro fatto, gli occhi scuri e grandi di Pino s’illuminavano di una luce particolare e un sorriso straordinario appariva sul suo bel volto, erano il segno inconfondibile di una immensa felicità, quella felicità che provano tutti coloro che  hanno la fortuna di vedere e ammirare il frutto del proprio lavoro, il risultato del proprio impegno, l’opera del proprio ingegno.
Pino era, senza alcun dubbio, una persona serena e appagata e non desiderava proprio niente di più o di diverso da quello che aveva già, forse anche per questo la sorte aveva deciso di regalargli qualcosa di veramente straordinario, che avrebbe cambiato radicalmente la sua normale quotidianità.
Qualcosa che puntualmente avvenne un lunedì, un giorno come un altro per il nostro Pino, ma a renderlo diverso e unico, tanto da poterlo poi ricordare per sempre, fu la coincidenza di due eventi che lo avrebbero riempito di felicità. Il primo era quello di aver terminato il suo ultimo lavoro e il secondo invece un bellissimo incontro che avrebbe fatto proprio lì a casa sua. 
Mentre Pino era assorto in estasi davanti al suo ultimo lavoro ormai finito, qualcuno bussò ripetutamente alla porta del laboratorio, ma lui ci mise un bel po’prima di realizzare che la campanella, posta al di fuori della casa, continuasse a ridondare senza mai fermarsi, tanto era impegnato  a contemplare ciò che aveva realizzato, ma quando finalmente si rese conto che c’era qualcuno che chiedeva di entrare, si precipitò ad aprire la porta senza neanche chiedere chi mai ci fosse.
Quando l’ebbe aperta, una visione straordinaria lo lasciò senza parole, di fronte a lui una bellissima fanciulla dai lunghi capelli biondi e con due occhi azzurri come il mare, tutta vestita di bianco, che gli chiedeva con voce ferma e decisa, se fosse effettivamente lui il falegname di nome Pino.
La bella fanciulla dovette ripetere la domanda più di una volta, visto che non riusciva ad avere alcuna risposta, ma quando Pino finalmente si riprese dal suo stupore, rispose che era effettivamente lui il falegname di nome Pino e solo allora invitò la fanciulla ad entrare e ad accomodarsi  sull'unica sedia che aveva li , sedia dove ogni tanto lui stesso si sedeva per riposarsi. 
In quel piccolo lasso di  tempo, che intercorse prima che qualcuno parlasse, Pino si domandò chi mai poteva essere quella sconosciuta creatura e cosa mai avrebbe poter voluto proprio da lui, ma quando la fanciulla si sedette sulla sedia fu lei stessa a dare risposte giuste a quelle domande, mi chiamo Mariastella ed ho sentito tanto parlare di te, di quanto tu sia bravo, preciso e puntuale nel tuo lavoro ed io ho proprio bisogno di una persona come te per realizzare una visione che ho avuto in sogno qualche giorno fa.
Pino, perplesso più che mai, le chiese di spiegargli tutto meglio, visto che non riusciva a capire ne a trovare il nesso fra lui e la realizzazione di quel sogno.
Mariastella raccontò cosi per filo e per segno il sogno che aveva fatto, sogno in cui un angelo le chiedeva di realizzare, con l’aiuto di un falegname, il più bravo di quel luogo e di quel tempo, un simbolo per rendere concreto, tangibile e comprensibile il sentimento dell’amore.
Pino sempre più coinvolto e incuriosito chiese allora a Mariastella di dargli precise indicazioni su ciò che avrebbe dovuto realizzare, ma lei gli disse che dovevano essere unicamente il suo intuito, la sua sensibilità, il suo animo che avrebbero dovuto guidare la sua mano.
Pino fu come rapito da quella risposta, era infatti la prima volta che qualcuno gli chiedeva di fare qualcosa senza sapere effettivamente cosa, ma era anche la prima volta che avrebbe finalmente potuto lavorare senza misure, senza vincoli, senza limiti ne condizionamenti, libero di poter dar sfogo alla sua creatività.
Pino era entusiasta e talmente affascinato da quella misteriosa creatura che non avrebbe preteso alcun compenso per quel lavoro, ponendo però una sola condizione come necessaria e indispensabile per accettare.
La condizione fu quella di sapere tutto ciò che c’era da sapere di Mariastella, da dove venisse, quali fossero le sue aspirazioni e quali le sue speranze, insomma conoscere completamente la sua vita. 
Mariastella acconsenti raccontando, senza alcuna difficoltà, tutto di se, senza tralasciare niente, senza nascondergli nulla del suo presente e del suo passato,  partecipandogli persino che lei, come tutte le ragazze della sua età, sperava di incontrare un giorno il suo principe azzurro.
Un principe senza corona e senza regno, ma dallo spirito nobile e generoso e sopratutto ricco di buoni sentimenti e di sani principi.
Quando tutto fu detto e nulla c’era più da aggiungere, Mariastella salutò Pino rassicurandolo che per il lavoro che gli aveva commissionato, avrebbe potuto prendersi il tutto il tempo necessario. 
Una volta finito, lei lo avrebbe capito e sarebbe tornata.
Da quel giorno, proprio da quel lunedì così speciale, Pino iniziò con tanta lena il suo lavoro e con una tale energia, che le sue mani sembravano essere guidate da una entità estranea, tanto erano precise e veloci, da lasciare incredulo anche lui.
Giorno dopo giorno, momento dopo momento il manufatto prendeva forme sempre più definite e quando l’ebbe terminato, quel tutto gli sembrò davvero la cosa più bella che avesse mai realizzato. Mentre Pino era così assorto in quello che da sempre era il suo rituale di contemplazione di ciò che aveva realizzato, la campanella della sua porta incominciò a suonare ripetutamente, anche quella volta solo dopo un po’ di tempo realizzò che qualcuno lo stava cercando, così andò di corsa ad aprire la porta del suo laboratorio e per la seconda volta ebbe la stessa immagine, era lei, era sempre lei, la splendida fanciulla che gli aveva commissionato quel lavoro.
Buongiorno Mariastella, le disse balbettando e aggiungendo benvenuta, poi perplesso le chiese come avesse fatto a sapere che aveva finito proprio in quel giorno, anzi proprio in quell’istante il suo lavoro, la fanciulla gli rispose che lo aveva percepito e come promesso era tornata per vedere cosa mai avesse realizzato.
Quando la bella fanciulla fu di fronte a ciò che Pino aveva creato, ebbe un forte fremito  e una piacevole emozione la pervase tutta, fu così tanto l’entusiasmo, fu così grande la gioia da spingerla ad abbracciare Pino con tutta la forza che aveva e l’abbraccio fu così lungo da dargli la sensazione di non volerlo mai più lasciare, altrettanto fu per Pino, che felice di ricambiare quell’abbraccio, sperava con tutto il suo cuore non dovesse mai finire.
Agli occhi di Mariastella Pino era riuscito a lavorare quel legno con tanta passione e tanto amore, che ciò che aveva creato lo lasciava trasparire tutto quell’amore, rendendolo concreto e tangibile. Il lavoro di Pino rappresentava un uomo e una donna stretti in un abbraccio talmente intenso da non poter distinguere più l’uno dall’altro, due amanti che si guardavano negli occhi fissandosi come se volessero promettersi di non lasciarsi mai.
Il lavoro che Pino aveva fatto, l’opera d’arte che aveva creato era effettivamente di una rara bellezza e quell’abbraccio cosi avvolgente era davvero la rappresentazione dell’amore universale che Mariastella sperava di vedere realizzato, perché un abbraccio è davvero la più bella conferma d’amore.
E’ con un abbraccio che una mamma accoglie il proprio figlio appena nato e con un abbraccio continuerà ad accoglierlo per tutta la vita.
E’ con un abbraccio che nasce un nuovo amore.
E’ con un abbraccio che due fratelli fanno pace, è sempre e comunque un abbraccio che segna l’inizio di qualcosa d’importante, di straordinario, l’abbraccio è il sigillo, il segno che sottolinea sempre un evento eccezionale, la genesi di quel qualcosa di nuovo e di bello che prima non c’era e che da quel momento in poi resterà.
Fu proprio il lungo abbraccio di gioia che segnò la nascita dell’amore tra Mariastella e Pino, fu quello il giorno in cui nacque il loro amore, fu quello il loro primo Natale, da quel giorno non si lasciarono mai vivendo felici e a lungo insieme, continuando a festeggiare, anno dopo anno, il Natale del loro grande amore.
Anche per tutti noi c’è un Natale che segna la nascita di qualcuno o di qualcosa di veramente speciale, ma c’è né anche uno davvero particolare, il Natale dei Natali, che gli unisce tutti. 
Quel particolare giorno che festeggiamo con le persone più care, quelle che amiamo di più e che più sentiamo vicine a noi, anche se sono distanti migliaia di chilometri.
Quel giorno straordinario che ci unisce nello spirito e rafforza, se mai ce ne fosse bisogno il reciproco amore, quel giorno, da tempo immemorabile, si ripete tutti gli anni il 25 dicembre ed è proprio il giorno di Natale. 
Tanto, ma tanto tempo è trascorso da quando avvenne questa storia e in quel paese lontano, lontano e molto diverso dal nostro non è purtroppo rimasta traccia di quello straordinario e bellissimo lavoro di Pino, ma per fortuna della bella storia d’amore di Mariastella e Pino, dopo così tanto tempo, ancora si sussurra, si dice, si racconta, ma se sia vera non si sa, di certo solo c’è, che è giunta fino me.

                                                                                                                                     2011 

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